Una
nella mia stanza incessantemente lampeggia.
Ha un ritmo con intervallo regolare. La osservo. È rassicurante, mi infonde certezze.
Nel momento in cui si spegne sono già certa che in una frazione di secondo nuovamente si riaccenderà.
Solo una piccola
nella stanza incessantemente lampeggia.
È quella dell'orologio dello stereo che per un attimo ha perso la sua continuità nello scorrere del tempo.
Solo la mia mano potrebbe restituirle la sua aderenza alla realtà riportandola nel suo procedere
all'interno del mondo. Ma la volontà che dovrebbe guidare la mano si nega.
Perché dovrei ridargli vita se poi correrà nuovamente il rischio di essere interrotta?
Non sarà mai capace di vivere, di cadere e di rialzarsi da sola.
In questo modo invece non ha bisogno di nessuno, qualsiasi interruzione la riporterà sempre a questo
stesso punto, senza che nessuno debba intervenire. Nessuno, nemmeno io.
In ogni caso la preferisco così. Non ha bisogno di me, ma io di lei si, eccome.
Nessun'altra nella mia stanza.
Credevo di aver delineato il mio futuro. Camminavo sicura di poco e di tutto.
Ma ecco che il capriccio del caso doveva arrivare nella mia vita.
Mi ero illusa di rimanerne immune, ma mi ero sbagliata. Possiamo non ricordare questo giudice,
ma lui non si dimentica mai di noi e proprio quanto pensiamo di esserne franchi affonda i suoi colpi
più decisi, quelli che ci procurano le ferite più dolorose.
Invidio la dello stereo.
Anche lei ha subito, ma ora è sicura che non potrà più essere scalfita.
Certo ciò non la guarisce, ma è più di quanto ho io. Si può sfuggire dal mondo
ma non da se stessi, l'orologio che è in noi non si ferma e si rifiuta di regalarci anche un solo
piccolo momento di tregua. Non può essere interrotto che un'unica volta e quello è il punto
di non ritorno. "La Soglia".
Fuori i rumori cercano di entrare nel mio spazio, ma sono lontani e finché vorrò non si potranno avvicinare.
Non potranno disturbare la mia quiete, l'equilibrio di questo spazio.
La mia piccola grande
non è così crudele: è vero che non mi permette di vedere la totalità delle cose,
ma è altrettanto vero che non mi sottrarrà mai del tutto questo per quanto poco possa essere.
Così, nello trascorrere di questo tempo immutabile, in cui niente cambia,
riacquisto forza, sicurezza, tranquillità.
Ho creato qui un nuovo mondo, con nuove sicurezze e una nuova me stessa.
Sono felice perché ho raggiunto la certezza che qui il crudele giudice non potrà entrare.
Sono euforica, ebbra del rinnovato potere.
Ma a un tratto la mia amica, senza preavviso mi abbandona. Cessa di esistere.
La piccola non lampeggia più.
Il panico mi assale. "Perché?" grido invano dove prima c'era lei,
"Perché mi hai abbandonato anche tu?" ma non ottengo nessuna risposta.
Il silenzio diviene assordante e il panico arreda la mia stanza ormai priva di orpelli.
Quando riesco a trovare un barlume nella mia mente, realizzo quello che è in realtà successo:
l'odiato giudice si è ricordato ancora una volta di me.
Credevo che nella stanza non potesse entrare, ma evidentemente mi sbagliavo.
Credevo che sbarrando tutto al mondo esterno potessi chiuderlo fuori, non era vero.
Così ha ucciso la mia piccola e indifesa amica che tanto aveva fatto per me, lasciandomi nuovamente sola.
Mi volto in direzione di quella che la memoria indica essere lo spazio dove c'è una porta che conduce fuori.
È la prima uscita che vedo nel buio della mia sconfitta.
Mi condurrebbe al punto di non ritorno, La Soglia, dopo un breve volo inebriante;
questo si che sarebbe il modo definitivo di annullare l'odiato giudice.
Niente più guerre contro tutto e tutti, niente più dolore, solo pace.
Potrei finalmente essere felice, ma sarei sconfitta. Definitivamente sconfitta.
"No!" Sento la mia voce urlare nel buio e questo mi sveglia da quello stato di torpore in cui
senza rendermi conto ero scivolata.
"Non ti permetterò di farmi anche questo. Sono ferita ma ancora viva!".
Così frugo nella mia memoria e trovo quella che era la direzione dove c'è l'altra porta,
quella che conduce nel mondo dove luce e rumori governano, dove perderò inevitabilmente il mio potere,
ma dove in cambio riacquisterò la realtà delle cose e la mia presunzione dovrà far posto alla voglia di lottare.
Mi alzo e mi dirigo verso questa seconda uscita, afferro la maniglia e senza nessuna esitazione la apro.
Esco dalla mia stanza senza voltarmi lasciandola alle mie spalle.
Una nella stanza incessantemente rincomincia a lampeggiare.
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